Stagioni concertistiche » Achivio » Notturni in Villa - XXIII Edizione 2016
Concerti, social musica, teatro, liberamenti ispirati a...
le sei icone di Milano 2016
XXIII EDIZIONE
Castello Sforzesco
Cortile delle Armi
Milano
09.07.16-06.08.16
Letizia Dradi, Annamaria Confalonieri, Silvia Barin, Emma Rita Brusa, Erika Di Betta, Maria Cristina Esposito, Fabio Lo Piparo danza
Maurizio Less, Luca Mollica, Luisa Besenval, Andrea De Venuto, Giorgia Less viole da gamba
Marinella Di Fazio, liuto, vihuela e chitarriglia
Matteo Rabolini percussioni storiche
Letizia Dradi ricostruzioni ed integrazioni coreografiche
PROGRAMMA
Balletto 268– Michael Praetorius, Terpsicore 1612
Bassa Pompilia- Fabritio Caroso da Sermoneta, Il Ballarino 1581
Intermezzo: Suite di danze da Michael Praetorius e William Brade
Alta Mendoza in grazia dell’illustrissima Donna Isabella Borromea contessa di San Secondo - Cesare Negri, Le Grazie d’Amore 1602
Bizzarria d’Amore in grazia dell’illustrissima Signora Caterina Balba, e Rhò - Cesare Negri, Le Grazie d’Amore 1602
Intermezzo: Suite di danze italiane
So ben mi chi ha buon tempo in grazia dell’illustrissima Donna Isabella Mendozza e Olivara Cesare Negri, Le Grazie d’Amore 1602
Spagnoletta – Fabritio Caroso da Sermoneta, Il Ballarino 1581
Intermezzo: Suite dai Cancioneros spagnoli
Balletto 273– Michael Praetorius, Terpsichore 1612
Il Ballo delle Ingrate- Claudio Monteverdi, prima rappresentazione Mantova 1608 da Madrigali Guerrieri e Amorosi 1638
Intermezzo: Suite di Branles francesi
Moresca –Claudio Monteverdi da L’Orfeo, favola in musica, 1607
Finale: Ballo dei Satiri, William Brade, 1617
NOTE AL PROGRAMMA
“Nel Seicento, i Milanesi andavano famosi come schermidori e come ballerini; onde le feste erano sempre ricreate da qualche mimica invenzione1”. Tra Milano e Parigi opera il più eminente dei danzatori milanesi che fu senz’altro Cesare Negri detto il Trombone “ maestro di ballare” e figura di spicco nell’ambito culturale e spettacolare della nostra città. Nel 1602 pubblicò la raccolta di danze 1 da: Bassi Carlo, Litta Modigliani Lorenzo, Re Antonio, Milano e il suo territorio, Luigi di Giacomo Pirola, Milano 1844 Le Gratie d’Amore, da cui sono tratte quelle di questo programma dedicate a dame della corte milanese.
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Nel 1599, per la visita dell’arciduchessa e dell’arciduca d’Austria, dell’infanta Isabella d’Asburgo e di suo marito Alberto, fu organizzata a Milano la messa in scena della Pastorale Arminia. Negri creò per la pastorale un prologo, quattro intermedi e un ‘brando’ per l’apoteosi finale, di cui dà descrizione nel suo trattato. Il primo intermedio dopo il primo atto aveva come argomento la Favola d’Orfeo, che Negri descrive e di cui propone il dialogo “Eccho che risponde ai lamenti d’Orfeo”. Un soggetto molto amato negli eventi spettacolari e festivi milanesi, basti pensare alla sontuosa opera-torneo organizzata per celebrare il trattato di Cateau-Cambrésis nel 1559. Ma come non ricordare la ben più famosa e ammirata Favola di Orfeo, quella di Claudio Monteverdi che andrà in scena pochi anno dopo a Mantova. Proprio la Moresca finale dell’Orfeo farà da conclusione al nostro programma permettendoci di mostrare una delle danze spettacolari più ricorrente al tempo. Questa danza in Monteverdi illustrava idealmente lo sbranamento di Orfeo ad opera delle Baccanti, ma inizialmente simboleggiava le battaglie fra cristiani e mori durante le crociate. Thoinot Arbeau, nel suo trattato L’Orchésographie del 1589, ne fornisce una descrizione in cui i ballerini indossano dei gambali di campanelli. Da qui ho tratto spunto per la coreografia proposta, tenendo conto anche della testimonianza di Baldassare Castiglione che nel suo libro del Cortegiano suggerisce al nobile di non cimentarsi in “quelle prestezze di piedi, e duplicati ribattimenti” proprie dei danzatori professionisti.
Torniamo in scena con un’altra composizione di Claudio Monteverdi, Il Ballo delle Ingrate. Eccoci di nuovo tra vivi e anime dei defunti. Gli Inferi da cui Orfeo cerca - non riuscendo nell'intento - di trarre la sua Euridice si dischiudono di nuovo per premetter l’uscita della “dolorosa schiera”: si tratta delle anime delle dame che in vita rifiutarono l’amore e ora come fantasmi, lamentose e disperate, tornano a rivedere la luce col compito di ammonire le altre “donne e donzelle”.
Una famosa attrice milanese Virginia Ramponi Andreini (1583-1631) fu la prima interprete dell’Ingrata che a conclusione del ballo canta lo struggente lamento finale. Conosciuta soprattutto con il suo nome d’arte, Florinda, insieme al marito Giovan Battista Andreini diresse la compagnia dei Fedeli. Fu protagonista di un involontario coup de théatre riscuotendo un notevole successo: la cantante designata al ruolo di Arianna nell’omonima opera di Claudio Monteverdi e Ottavio Rinuccini, Caterina Martinelli detta la Romanina, morì improvvisamente di vaiolo. Virginia venne chiamata come sostituta per le sue capacità drammatiche e rivelò così inaspettatamente anche di essere un’ottima cantante. Una figura dunque a tutto tondo, un’artista contemporanea che ben si trovava a suo agio anche nei panni di danzatrice.
Accanto alle professioniste dello spettacolo molte erano le dame milanesi a dilettarsi col ballo. Negri dedica alcune delle prime pagine del trattato proprio ad elencare i “Nomi de’ Cavalieri e delle Dame di Milano, che nel tempo dell’Autore hanno leggiadramente Ballato”. A conclusione tra le “citelle da marito” una nota che fa sorridere. L’ultima delle “signorine nostre” è Margarita de Negri, figliuola dell’Autore. In un tempo in cui essere single doveva essere molto difficile, Cesare Negri da padre ansioso segnala la sua figliola alla ricerca di qualche buon partito. Chissà se Margherita apprezzò il fatto di essere segnalata tra le zitelle del tempo! Letizia Dradi
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